lunedì 14 settembre 2020

Referendum: "si" vs "no". Il problema è qualitativo e non quantitativo!

 

Riducendo il numero dei parlamentari si trasforma un problema qualitativo in un problema quantitativo ma essere governati da cento deficienti -  nel senso classico del termine, quello di “mancanti” … di competenze e cultura specifiche – non rappresenta prospettiva di  futuro migliore rispetto a quello che possano regalare mille uomini e donne di cultura e conoscenza davvero consapevoli del ruolo che essi vanno a ricoprire.

Il 20 e 21 settembre andremo a votare per un referendum che, populisticamente,  auspica un taglio dei parlamentari: da seicentotrenta a quattrocento deputati  e da trecentoquindici a duecento senatori.  Noto, in questi giorni, un dibattito, a riguardo, molto debole se non, addirittura, inesistente o quasi.  Per il “No” scendono in campo Silvio Berlusconi ( devo dire l’unico dei politici attuali che, a mio avviso modesto, stia ultimamente dicendo cose sensate) , Romano Prodi, Matteo Renzi,  le Sardine e la parte più “giovane “ del Pd; per il “Si” si schierano il M5S ( una garanzia per votare no…) , la Lega, Fratelli d’ Italia e il Pd di Zingaretti e, anche, Letta.  Prima di agire secondo quello che gli inglesi definirebbero “gut feeling” occorrerebbe porsi una riflessione culturale, sociale ed etica: perché la nostra Democrazia necessiterebbe, proprio oggi, di un cambiamento tanto radicale? I sostenitori del “No” la ritengono un passo verso la tanto auspicata “demarchia”, cavallo di battaglia dei Pentastellati , secondo la quale chiunque, magari estratto a sorte, sarebbe  capace di governare: ciò porterebbe ad una riduzione delle rappresentanze anche delle minoranze e ad una riduzione dei cosiddetti “ privilegi della casta” effetti che, ugualmente, si otterrebbero con la riduzione di costi e benefici dei parlamentari. I sostenitori del “Si” lo reputano necessario poiché porterebbe l’Italia in linea con il numero di Parlamentari delle altre grandi democrazie, poiché garantirebbe ( difficile dire come) una maggiore trasparenza e, poiché rappresenterebbe uno spirito riformatore ….

Ridurre il numero dei parlamentari senza rivedere le funzioni stesse del Parlamento – a cominciare dal numero delle Commissioni – significherebbe creare impasse dagli esiti inimmaginabili e poco auspicabili: i delegati regionali che parteciperanno alla elezione del Capo dello Stato  ( sessanta su un migliaio di parlamentari) assumerebbero, ad esempio,  una importanza ed un peso senza precedenti nella Storia repubblicana  in vista della elezione del successore del Presidente Sergio Mattarella.

Cerchiamo di tornare alla riflessione iniziale precedente a questo mio “collage” tra i pensieri di Maurizio Molinari e Francesco Occhetta …. La discussione è basata sui numeri e non sulla qualità ma, forse, il problema è qualitativo piuttosto che quantitativo. Si blatera, che seicento o ottocento siano troppi senza riflettere che ciò che è realmente fuori luogo sia il fatto che, con tutto il rispetto parlando, la casalinga di turno, l’assicuratore senza esperienza politica, il politicante che fa quello per “arrotondare” lo stipendio siano lì a decidere, senza competenza né esperienza alcuna, del futuro della nostra Nazione!   Il problema è culturale, il problema è qualitativo e non quantitativo! Se io potessi scegliere tra mille Pertini, Spadolini, Moro, Cossiga, Salvi, Einaudi, Leone, Berlinguer, Craxi e duecento Di Maio, Salvini, Meloni, Zingaretti … beh.. dubbi non ne avrei.